Ti stupivano, come oggi, gli oggetti che avevi intorno: credevi che il tuo nonsenso, il fatto che la vita fosse triste e lontana da te fosse un fatto transitorio, ed eri in attesa di scappare. Ti vedevi in Nord Europa, felice, parlare un'altra lingua. Ti senti insomma come tanti anni fa. Guardi la tazza sporca, e il mix per il pancake, e ti fa schifo il tuo deplorare la vita e poi covare un piacere piccolo piccolo, e sottile, per i nomi delle cose, o per le formiche che sono le parole, o per le penne che solcano i fogli, o per il tocco dei tasti di una tastiera.
Cosa c’è dentro di te? ché fai ridere gli altri, che usi il sarcasmo per offendere e difenderti. Non hai nemici, né amici. Ti rendi conto che quando ti senti sola, scorri liste vuote, e hai paura. Sei un po’ più simile a come ti volevi, ma in fondo… ti chiedi... ha senso passeggiare, e neanche tanto spesso, per Milano, se Milano non è tua, e tu non sua.
E qui non c’è il fuoco dell’adolescenza, non c’è il giardino dei genitori, non ci sono gli abbracci degli amici. C’è che ti innamori e ti disincanti al primo sguardo truce, come un cagnolino intristito da un calcio inatteso e ingiustificato.
Sei diventata una di molte parole fuori e poche parole dentro. Poco tempo per il passato, troppo per il futuro. Sei niente. Ma questo non hai mai avuto paura a dirlo.